Sicilia: la meravigghia che dei poeti rapì il cor
Da Quasimodo a Pascoli a Vittorini, l’anima antica di questa terra trasuda nei versi di chi qui c’è nato o se ne è perdutamente innamorato. Come mai la poetica di tanti nomi della letteratura è così intrisa di sicilianità? Ti è mai capitato di partire per un viaggio che ti ha riportato a casa con più consapevolezza? Proviamo a capire perché questa terra attraversi l’anima come un fiume in piena.
Spazi dilatati e tempi lenti
Esiste una certa condizione dello spirito che ti accade in Sicilia. Difficile spiegare una percezione, una condizione dell’animo senza gli occhi della poesia, che penetra le cose e ci restituisce il senso della vita. Forse è per questo che Pascoli, pur così restio a lasciare la sua Romagna, disse di aver trascorso qui gli anni più “raggianti di visioni e sonanti di armonia”. In quel mare di Sicilia che se ci tuffi una mano gocciola azzurro, che è pieno di voci sotto il cobalto azzurrissimo, risuona l’eco del suo fanciullino, capace di meravigliarsi delle piccole cose, di guardare la vita con incanto. Siamo in fondo tutti esuli della nostra infanzia, di quel luogo da dove la nostra storia si dirama e dov’è destinata a tornare, quel luogo dove siamo centrati, non più soli né fragili.
Nella bellezza intatta della Sicilia Pascoli ritrova quel luogo. Con la lentezza narrativa che il treno concede, incornicia dal finestrino uno scatto d’autore dell’isola, che d’improvviso gli appare, nuvola di rosa sorta dal mare e ogni vento si trasforma in una dolce melodia e tutta l’atmosfera è un sogno, il fumo canta uscendo dalle capanne verso le siepi in fiore, ventate di sale, versi delle cicale. Pascoli ama Messina, antica Zancle, bella falce adunca che taglia nell’azzurro il più bel porto del mondo. È conquistato dall’azzurro verdastro del bel monte Peloro verde di limoni e glauco di fichidindia, dalle iridescenze purpuree del tramonto su l’Aspromonte che, agli occhi, si colora d’inesprimibili tinte. Della città ama persino l’aria, dove libera felici aquiloni e ricordi d’infanzia, c’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico: io vivo altrove e sento che sono intorno nate le viole. Pascoli ritrova casa nei colori vividi, nei profumi intensi, nei paesaggi in cui la natura ti sovrasta e ti restituisce quel senso di eternità che disarma ogni affaccendarsi della vita adulta.
Ma se torno a tue rive e dolce voce al canto chiama da strada timorosa
non so se infanzia o amore, ansia d’altri ciel mi volse
e mi nascondo nelle perdute cose
Quasimodo, naufrago delle sue origini, ritrova il filo del suo smarrimento nel pane caldo e dolce di miele degli Iblei, in riva al mare antico di Grecia, sulla sabbia di Gela color della paglia dove mi stendevo fanciullo…con molti sogni nei pugni. Rinfresca l’arsura della solitudine al vento ristoratore che soffia mite sulle alture di Tindari, pensile sulle acque delle isole dolci del dio (Tindari) oggi m’assali e ti chini in cuore. E Tindari assale, con una ricchezza di paesaggio che sembra racchiudere la natura intera, si svela tra mare e storia. Lo fa nel Santuario di Maria Santissima a strapiombo sul mare, vigile sulla laguna con imponenza regale, custode del mistero della Vergine Nera. Nei resti dell’antica acropoli, racconti di una civiltà millenaria. Nella riserva di Marinello, dove suggestivi tratti di sabbia finissima incorniciano laghetti salmastri. Nel mare tiepido e cristallino che volge alle Eolie.
La Sicilia del mito e della poesia ha spazi dilatati e tempi lenti. Qui passeggiando per quel sentieruolo tra gli olivi, di mentastro, di salvie profumato, caro a Pirandello, accade che ritrovi la via del Ritorno, impari a tornare indietro, alle origini e tra le perdute cose.
Siamo un po’ tutti figli del cavusù
Io sono figlio del caos… perché sono nato in una nostra campagna che trovasi presso un intricato bosco denominato… dagli abitanti di Girgenti Cavasù… Kaos
Quanti di noi, come Pirandello, si sono sentiti almeno una volta preda del caos delle proprie contraddizioni, smarriti nell’intricato bosco della vita? La Sicilia, nelle tante sfaccettature del suo paesaggio, sembra proprio accogliere l’altalenare dei nostri mutamenti. Lingue di sabbia borotalco cedono il passo a litorali grigiastri di cenere esausta, spiagge di zucchero fine si alternano a paesaggi lunari, inquieti scenari vulcanici bilanciano un entroterra immobile. C’è una Sicilia nera delle antiche case catanesi in pietra lavica e una bianca dei muretti calcarei del ragusano, tra olivi, carrubi e palme figlie del mar d’Africa. C’è la Sicilia dell’arenaria rossastra, dove i monti si tuffano nell’azzurro del mar italiano e quella d’oro, tra i pizzi e cozzi dell’entroterra coltivato a tumminia. C’è la Sicilia aspra e calda di Sciascia, che in autunno muta totalmente in un cielo cupo, la vegetazione si spoglia e incombe il silenzio. Qui la Sicilia ascolta la sua vita. C’è la Sicilia omerica agognata da Goethe, che tra le rovine classiche e un tripudio di profumi ritrova la bellezza ideale, “la chiave di tutto”. Questa è la terra del viaggiatore di oggi e di ieri, in cerca come Goethe di una meta di cui rimanga immagine nello spirito. Terra chi ti pìgghia testa e sintimèntu, per Lodato e dove giunge chi sogna.
Gente di Sicilia, gente di poesia
La gente di Sicilia è di gentilezza antica, cordialità riservata, un miscuglio di umanità. Nelle lunghe passeggiate per la Palazzata e fino alla Pescheria, Pascoli incontra la buona e povera gente che un suono di ciaramelle è venuto a svegliare. Ne ama la genuinità, la schiettezza, la semplicità. Coglie impressioni tra i sorrisi, le fatiche, i gesti quotidiani e capisce che qui anche la gente è poesia. Un giorno una bambina invece di chiedergli l’elemosina gli chiede con grazia “Vossia ni duna u sciuri” e Pascoli è stregato da quella nobile dignità. La poesia è tra la gente di Agrigento che Goethe vede intenta a riti antichi, a piantare le fave, a fare il sapone, bruciando i gambi delle fave e i gusci delle mandorle. Affiora tra salinari e zolfatari nei paesaggi di Sciascia. Filtra nella compassione dell’umile gente di Vittorini, dall’arrotino Calogero a Ezechiele, solidali con il mondo offeso. Sbuca tra i filari di vite della gente di Lodato, intenta alla vendemmia con il cuore in festa anchi si lu suli tuttu lu jòrnu pica ntesta. Questa terra mescolata eppure pura e intatta, rimasta autentica nel paesaggio e nelle abitudini della sua gente, è un regalo per il viaggiatore che sa rallentare. Perché c’è un superfluo che nella vita è più necessario di ciò che è necessario: la poesia. Ve lo insegnano le bambine che domandano ‘u sciuri e non domandano il pane.
La poesia ha origini sicule
Cielo d’Alcamo nel XIII sec. definiva la Sicilia “rosa fresca aulentissima”. Eh già, perché pur sulla scia dei trovatori provenzali accolti alla vivace corte di Federico II di Svevia, il sonetto è una ‘trovata’ tutta siciliana! Il siciliano illustre fu la prima lingua d’arte in volgare italiano. Da allora la Sicilia non ha cessato di essere fonte di grande ispirazione. Si narra che tra i vicoli di una Taormina saracena ‘che quasi non sembra di stare in Europa, dove tutto ciò che di importante poteva capitami, accadde’, Truman Capote abbia intravisto la sua Holly. Oggi la Rete Regionale delle Case Museo valorizza le dimore di personalità illustri nate o legate alla Sicilia. Perché visitarle? Per ritrovare Pascoli nel suo studio di Palazzo Sturiale, intento a decantarne la vista, dalla cucina si vede il forte Gonzaga sui monti…dall’altra finestra il mare, su l’Aspromonte. Cercare la memoria di Quasimodo tra i 6000 volumi della biblioteca di Sferro a lui dedicata. Immaginarlo qui alle pendici dell’Etna, bambino felice tra le campagne di arance e i locali della stazione, ora destinati a diventare museo. Seguire la sua stessa voce nello studio della casa natale a Modica, tra una vecchia Olivetti e collezioni di dischi, lungo un suggestivo percorso in versi che culmina nel discorso pronunciato a Stoccolma in occasione del conferimento del Nobel.
Il consiglio di Magna Sicilia? Viaggiare leggeri
‘La forza di tenere ancorata l’anima di chi parte è una virtù’. Forse è questo il miglior souvenir della Sicilia. Siamo tutti navigatori, alla continua ricerca di tutto e del contrario di tutto, carichi di un baule abbastanza capiente per contenerlo. Poi, durante il nostro navigare, accade di imbattersi in un luogo che ti insegna a guardare con l’incanto del fanciullo, a liberarti della zavorra del superfluo. Getti l’ancora in quella condizione dell’anima in cui la Sicilia ti accoglie, con le sue e le tue contraddizioni, e scopri che il tesoro che cercavi è nel viaggiare leggeri. Quando parti non solo alla volta di un’esperienza fisica, ma pronto ad aprirti ‘all’altro e all’altrove’, allora questa terra ti attraversa e svela tutta la sua meravigghia.
E tu, che viaggiatore sei?
di Stefania Capassi
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Nel testo sono stati inserite citazioni dalle opere dei famosi poeti di cui si parla