Archeoastronomia? Sicilia
Tra i monti Peloritani e i primi Nebrodi, nel cuore della Sicilia che volge al Tirreno, esiste un luogo dove regna sovrano il silenzio. Un paesaggio fiabesco popolato da antichissime rocce modellate dal vento, remoto ritrovo di alchimisti e streghe leggendarie, osservatorio astronomico privilegiato. Un luogo noto a pochi, uno scrigno di segreti ancora tutti da scoprire.
L’altopiano dell’Argimusco: terra di rupi, streghe e stelle
A poca distanza dal borgo di Montalbano Elicona e da Tripi, nel territorio siculo-greco dell’antica e potente Abacena, un’atmosfera di indefinita magia avvolge uno dei siti naturalistici più affascinanti della Sicilia: l’altopiano dell’Argimusco. Una sorprendente terrazza naturale che offre scorci spettacolari sulle Eolie, sui mutevoli paesaggi dell’Etna e sulla Rocca di Novara, il ‘Cervino di Sicilia’.
Argimusco, dal greco ‘felce luccicante’. Qui, a 1200 metri di altezza, tra foreste di felci, lecci e agrifogli, vento e pioggia hanno scolpito enormi rupi dalle sembianze umane e animali, presenze dal fascino millenario. L’Aquila, pronta a spiccare il volo verso l’Etna, il Sacerdote che scruta l’orizzonte dal suo unico occhio, l’Alchimista che volge lo sguardo alle Eolie, la dea Orante, solenne figura di 26 metri con le mani giunte in preghiera, e ancora la Torre, il Babbuino. Guardiani possenti, volti imponenti, che si fanno presenza da determinati scorci, per poi ritornare pura roccia da altre prospettive.
A poca distanza fanno da contraltare agli enormi blocchi di arenaria i “Patriarchi del Bosco”, le querce plurisecolari nella Riserva Naturale del Bosco di Malabotta. All’ingresso del parco rupestre, oltrepassati gli enormi montanti di pietra che fungono da portale, una mappa del sito permette di orientarsi tra le grandi rocce di arenaria, tra il Varco del Leone, la Rupe di Fuoco, la Grande Rupe, la Rupe dell’Acqua, attori protagonisti della storia del luogo, custodi silenziosi, forse per questo ancora così sconosciuti. Il sito preistorico dell’Argimusco non è stato ancora interessato da consistenti lavori di scavo. I reperti sinora pervenuti lo collocano nell’Età del Bronzo, ma sulla nascita dell’ Argimusco sono stati scritti molteplici copioni che tracciano affascinanti teorie.
I segreti dell’Argimusco
Lo sguardo dell’uomo verso il cosmo è stato da sempre carico di speranza, di aspettative, di paure. L’essere umano ha sempre interrogato il cielo, per orientarsi, per stabilire l’alternarsi delle stagioni, per comprendere i fenomeni naturali, per conoscere il destino, per trovare cura e guarigione, convinto dell’influsso degli astri sugli organi e sul corpo.
Dolmen e menhir sono stati eretti in diversi luoghi della Terra per rispondere al bisogno di un contatto con il divino. A differenza dei dolmen di Caltanissetta e Ragusa, le imponenti rocche dell’Argimusco sono frutto della forza erosiva del tempo. Un lavoro della natura così accurato e sorprendentemente preciso che c’è chi non pensa al parco come sito naturale. Alcuni lo ritengono frutto del lavoro di leggendari Ciclopi d’età preistorica. Atri lo collocano tra i santuari naturali, dove venivano consumati riti legati alla fertilità e al ciclo delle stagioni. C’è ancora chi lo descrive come il tempio della raffinata cultura medica araba del Medioevo, quando astrologi, filosofi, uomini di chiesa dediti all’alchimia e riuniti alla corte del re di Sicilia utilizzavano il luogo come gigantesco osservatorio astronomico per la pratica della medicina astrale.
Qui pare si intrecciarono i destini di Arnaldo da Villanova, il più grande alchimista dell’Europa medioevale, e Eleonora d’Angiò, regina francese moglie di Federico III d’Aragona, intenti alla sperimentazione di pratiche mediche. Si narra che il re venisse curato proprio qui, attraverso l’uso delle acque e della pietra filosofale. Ritenuto un talismano stellare, l’Argimusco in seguito continuò ad essere frequentato da alchimisti e massoni, in particolare Cagliostro e la famiglia Spadafora che tentarono di decifrarne il codice. Un territorio mistico, intriso di riti e leggende, ritrovo delle donne volanti delle Eolie, covo dei sabba delle leggendarie streghe di Novara e dei diavoli che popolavano i recessi dell’Etna.
Mito o scienza?
Dall’Argimusco si gode di un orizzonte libero a 360 gradi. La Rocca di Novara a est è un prezioso indicatore naturale degli equinozi: il sole sorge nei pressi della Rocca e, insieme ad altri punti nell’orizzonte, sembra aver permesso all’uomo, fin dal Neolitico, di realizzare un vero e proprio calendario astronomico utile per le pratiche agricole e religiose.
L’interesse della comunità scientifica per questo sito archeoastronomico è appena iniziato, ma la magia del cielo sull’Argimusco affonda le sue radici nella lontana mitologia e in quel profondo legame tra uomo e cielo. Al tramonto, nei mesi estivi e in particolare nelle sere di giugno, le costellazioni di Cigno, Freccia, Aquila, Serpente, Ofiuco, Vergine, Leone, Corvo, Idra, Cratere si specchiano sul terreno nello stesso ordine e nella stessa sequenza in cui sono posizionate le grandi rupi, da est a ovest. Coincidono in ordine di 10 su 10, stessa sequenza in cielo come in terra, un talismano stellare unico al mondo.
Così come in cielo le costellazioni sono connesse da antiche storie mitologiche, sull’Argimusco l’ordine delle rupi ricalca precise dinamiche legate alle stesse remote leggende. Ecco allora sul pianoro l’imponente masso dell’Aquila ergersi vicino al Cigno, così come in cielo il destino delle due costellazioni fu unito da Zeus. Innamorato della ninfa Nemesi ma non ricambiato, Zeus trasformò la ninfa in cigno e Afrodite in aquila, perché le desse la caccia fino a spingerla tra le sue braccia e, per celebrare il trionfo della sua impresa, pose le costellazioni l’una accanto all’altra. Una sceneggiatura, quella dell’Argimusco, al confine tra terra e cielo, tra storia e leggenda, con un finale ancora tutto da scrivere.
Un luogo fuori dal tempo
Sull’Argimusco il cielo ti avvolge maestoso e le stelle appaiono a portata di mano. Noi del Magna Team ci sorprendiamo ogni giorno di quanta Sicilia ci sia da raccontare. Una terra d’infinite risorse che racchiude l’essenza del turismo lento, del viaggiare al proprio ritmo, fuori dai sentieri battuti. Che si tratti di rupi forgiate dal tempo, di megaliti di umana fattura, di misteriose presenze della volontà divina, l’altopiano dell’Argimusco è un luogo fuori dal tempo, dove ascoltare il silenzio e partire alla volta del mare stellato. Pronti a issare le vele?
di Stefania Capassi