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Marettimo, sui confini del mondo sospesi tra le onde del mare

Dalla costa trapanese, le Egadi sono sagome sfocate nell’aria salmastra: isole dolci e al contempo aspre, che già gli antichi chiamavano Aegates, dal greco Aigatai cioè “terre delle capre”, e che oggi attirano viaggiatori e turisti alla ricerca della propria isola che non c’è. Che sia Favignana, la più famosa delle tre, con le sue spiagge dal mare blu cobalto e le sue cave di tufo? O che sia Levanzo, lembo di terra rocciosa dalle casette bianche e dalle esplosioni di bouganville fucsia tra i muri crepati dalla salsedine?

No: bisogna andare oltre, spingersi fino all’ultimo approdo, osservare la sagoma massiccia e remota che s’avvicina e infine – quando l’aliscafo attracca al lungo molo dello Scalo Nuovo – poggiare piede a terra e lasciarsi avvolgere dalla fragranza intensa del timo, del rosmarino, della santoreggia: è l’isola di Marettimo, la più selvaggia dell’arcipelago, la più lontana dalla costa. L’ultimo occhieggio di terra prima delle immensità azzurre del Mar Mediterraneo.

Cuore nevralgico dell’isola è l’unico centro abitato, raccolto attorno a Punta San Simone e ai due moli, lo Scalo Vecchio e lo Scalo Nuovo. Il paese merita una visita, non fosse altro che perché qui il tempo pare scorrere un po’ più lentamente che altrove: saranno le casette bianche e azzurre, sarà l’aria sonnacchiosa e serena, sarà il profumo inebriante di macchia mediterranea, di salsedine e di squisita cucina sicula che spande dai piccoli ristoranti familiari locali, tutta erbe selvatiche e aromi dolci e salmastri, chissà. Fatto sta che ci si vorrebbe fermare per sempre. 

A differenza della vicina e vivace Favignana, qui non arriva il turismo di massa. Non si possono usare le automobili e per dormire ci si può rivolgere solo ai bed and breakfast e agli affittacamere nelle case dei pescatori. I profumi sono quelli della macchia mediterranea, composta in larga parte da specie endemiche, e l’ombra è quella del Pizzo Falcone, la montagna che rende Marettimo quella che è: una terra poco adatta al turismo comodo e perfetta invece per chi cerca preferisce una natura allo stato brado, con poche, o addirittura nulle, alterazioni umane. 

La bellezza del paesaggio, la qualità dei sentieri e la suggestione dei suoi colori hanno fatto sì che Marettimo diventasse negli anni una meta amatissima dagli escursionisti di tutto il mondo. Le vecchie mulattiere recuperate dalla Forestale creano infatti una fitta rete di percorsi, adatti a giri facili così come a camminate più impegnative.

La natura montana di Marettimo si manifesta anche nelle sue coste, dirupate e ricchissime di anfratti e grotte visitabili soltanto via mare. In alta stagione, quasi tutti i pescatori offrono un tour in barca alle grotte, cifra distintiva di un’isola dove mare e roccia dialogano costantemente.

E allora, una alla volta, ecco la grotta del Tuono e quella della Bombarda, la grotta del Cammello, del Presepe e della Ficaredda, il cui nome deriva da un albero di fichi che ne decorava in passato la sommità. E via dicendo. La visita in barca alle grotte è un must dell’esperienza a Marettimo: solo così è infatti possibile ammirare il vero cuore dell’isola, che rimane celato a chi non si prende il tempo di scoprirlo. Ed è solo qui, a livello del mare oppure appena più sotto, che è possibile scorgere l’anima dolce di Marettimo, il suo cuore liquido color zaffiro, che da sempre respira insieme al mare.

 

Giacomo Gandola

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